Cancro, è possibile salvare la propria fertilità


La cura del cancro maligno può portare alla sterilità. Ma è possibile preservare la propria fertilità

cancro_2Nel 2010 in Italia a circa 1,5 milioni di persone tra uomini e donne è stato diagnosticato il tumore maligno. Di questi pazienti circa il 10% aveva meno di 45 anni e l'1% meno di 20 anni al momento della diagnosi. Nei soggetti di entrambi i sessi è emerso che di fronte alla problematica oncologica assumeva una certa rilevanza la preoccupazione per la propria fertilità. Infatti, in circa tre quarti dei casi l’età media tra uomini e donne era inferiore ai 35 anni, senza figli al momento della diagnosi oncologica, ma con il desiderio di averne in futuro. Un’alta percentuale degli adolescenti colpiti da tumori maligni, l’81%, insieme al 93% dei loro genitori, ha mostrato interesse nei confronti della possibilità di preservare la fertilità.

Nel giugno 2006 l'American Society of Clinical Oncology ha pubblicato delle linee guida per orientare gli oncologi nella consulenza ai malati di tumore maligno riguardo alla possibilità della preservazione della fertilità. In quel contesto un gruppo di esperti ha convenuto che qualsiasi oncologo, in contatto con pazienti fertili che stanno per iniziare una terapia oncologica, deve affrontare il problema della potenziale infertilità indotta dal trattamento prima di iniziare la terapia.

I metodi più efficaci per preservare la fertilità sono la crioconservazione degli spermatozoi nei maschi e degli embrioni o ovociti nelle femmine. Anche se esiste un consenso sul fatto che le terapie di patologie maligne possono provocare sterilità, non ci sono dati sufficienti per identificare il rischio di ciascun agente e/o regime terapeutico a causa della complessità delle variabili in gioco. Gli effetti della chemioterapia e della radioterapia sulla fertilità dipendono dai singoli farmaci impiegati, dalla dimensione e posizione del campo di radiazione, dalla dose complessiva, dal metodo di somministrazione, dall'intensità di dose, dal tipo di neoplasia, dall'età, dal sesso e infine dalla condizione di fertilità pre-trattamento del paziente. Alcuni farmaci, per esempio gli agenti alchilanti (come la ciclofosfamide, utilizzata in diversi schemi di chemioterapie) sembrano presentare il maggior rischio di causare un danno ovarico con conseguente instaurarsi di una menopausa precoce.
Scritto per www.vitacchenasce.org "Settimanale on line di salute e benessere della coppia"    

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