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QUANDO UN GENE METTE A RISCHIO LA GRAVIDANZA

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L'ipercoagulazione del sangue può portare a problemi durante la gravidanza come per esempio aborti. Ciò è dovuto alla scarsa presenza di metionina nel sangue, provocando una maggiore predisposizione alla trombosi. La metionina è una sostanza che deriva dalla omocisteina La scarsa presenza di metionina nel sangue provoca una maggiore predisposizione alla trombosi L'ipercoagulazione del sangue può portare a problemi durante la gravidanza come per esempio aborti. Ciò è dovuto alla scarsa presenza di metionina nel sangue, provocando una maggiore predisposizione alla trombosi. La metionina è una sostanza che deriva dalla omocisteina che viene trasformata, con l'aiuto della vitamina B12, da un enzima: la metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR). Alcune volte, a causa di mutazioni del patrimonio genetico è presente una deficienza di MTHFR con ridotta attività enzimatica a cui può seguire un aumento di concentrazione dell'aminoacido omocisteina nel sangue (iperomocist

COSE DA SAPERE PRIMA DI DONARE IL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE

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L'anamnesi accurata di chi dona il sangue del cordone ombelicale è fondamentale. Ecco cosa c'è da sapere Prima di procedere al prelievo di sangue placentare il personale medico della Banca opera una selezione delle donatrici nel rispetto delle normative vigenti in materia di donazione di sangue umano sottoponendo le gestanti ad una accurata e completa anamnesi. La raccolta anamnestica comprende l’anamnesi familiare e patologica dei genitori del nascituro e l’anamnesi ostetrica. Come per la donazione di sangue, esistono condizioni cliniche e comportamenti a rischio che precludono la donazione di sangue placentare. Ecco i criteri di esclusione che indicano una controindicazione assoluta alla raccolta del sangue del cordone ombelicale e comprendono: Neonato geneticamente non correlato ai genitori (fecondazione eterologa); Stretta consanguineità tra madre e padre; Comportamenti a rischio noti per la diffusione di patologie trasmissibili con il sangue a c

Donazione di sangue placentare, l'importanza del consenso informato

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È necessario per il via alle procedure di banking. La donna rinuncia ad avanzare diritti sul sangue Il consenso informato è un atto fondamentale, tramite il quale la madre acconsente al prelievo, al banking e all’utilizzo dell’Unità di sangue placentare per trapianto unrelated, nonché all’esecuzione di test sierologici. La donna acconsente inoltre ad essere riconvocata a distanza di sei mesi dal parto per il follow up. Il consenso informato deve essere ottenuto prima del parto (possibilmente non durante il travaglio in virtù dello stato emotivo della paziente). Affinché la gestante possa sottoscrivere il consenso avendo pienamente compreso il significato della donazione, il personale che propone la sottoscrizione del modulo deve essere opportunamente addestrato ed in grado di fornire tutte le informazioni ed i chiarimenti necessari. Il consenso informato deve contenere i seguenti punti: • Assenza di rischi per madre e bambino; • Disponibilità da parte della donatri

Le tappe della raccolta e "bancaggio" del sangue placentare

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Il banking del sangue placentare è complesso poiché richiede collaborazione tra vari servizi Il processo di banking delle Unità di sangue placentare è logisticamente complesso poiché richiede una interazione multispecialistica basata sulla collaborazione tra i servizi ostetrico-ginecologico (sala parto), neonatologico (al parto), pediatrico (follow–up del neonato), ematologico (indicazione al trapianto) e trasfusionale (gestione completa delle Unità di sangue placentare). A tal fine è richiesta una organizzazione dettagliata che deve operare secondo procedure tecniche validate nel rispetto rigoroso delle leggi vigenti e di standard precedentemente stabiliti. Il sangue del cordone ombelicale può essere raccolto solamente nel caso in cui siano verificate determinate condizioni , alcune di natura prettamente burocratica, altre di natura sanitaria. Inoltre, l’adozione di un sistema di qualità, che è obbligatorio, prevede che: tutti gli operatori siano stati form

SANGUE CORDONALE, TANTI CONTROLLI PER LA SICUREZZA

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Il sangue del cordone ombelicale viene sottoposto a severi controlli prima del suo congelamento Il sangue placentare una volta prelevato in una sacca sterile “a sistema chiuso”, dal personale della sala parto, formato e qualificato, viene conservato a 4°C fino al momento del trasporto alla Banca secondo le normative vigenti. Ciascuna Banca stabilisce un preciso limite minimo relativo al numero di cellule nelle unità raccolte che comporta l’idoneità finale alla conservazione del sangue. Le unità considerate idonee vengono prima “caratterizzate” e poi congelate. Una quota di sangue cordonale viene cioè prelevata direttamente dalla sacca ed utilizzata per l’esecuzione di test di laboratorio. Questi sono necessari per il cosiddetto processo di caratterizzazione dell’unità , che consta dei seguenti passaggi: Conteggio dei leucociti totali (emocromo completo); Verifica di Sterilità (ricerca di batteri aerobi, anaerobi e funghi); Valutazione del potenziale “clono

SANGUE CORDONALE, COME FUNZIONA LA RACCOLTA E LA GESTIONE?

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La raccolta e la gestione avviene attraverso le “banche”. Sono 15 su tutto il territorio nazionale Il sangue cordonale raccolto viene gestito da una “Banca pubblica”, una struttura che coordina sul territorio tutte le attività riguardanti la donazione volontaria, la raccolta del sangue al momento del parto, la conservazione delle unità ed il loro rilascio per trapianto.Questa banca ha il compito di valutare che tutte le fasi del processo, dalla donazione fino alla distribuzione per uso terapeutico del sangue cordonale. La struttura garantisce che tutti questi processi vengano effettuati secondo rigorosi criteri di qualità. Opera in stretta collaborazione con i Centri di raccolta del sangue cordonale presso i punti nascita e con la Rete delle banche italiane del sangue del cordone ombelicale. In Italia le banche del sangue cordonale conservano le donazioni per metterle a disposizione dei pazienti in attesa di trapianto di cellule staminali emopoietiche (quelle cioè che devono ge

COME SI RACCOGLIE IL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE?

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La raccolta è piuttosto semplice. L'importante è che sia fatta da personale ostetrico specializzato Il prelievo del sangue del cordone ombelicale è una procedura tecnicamente semplice, economica e non invasiva che può essere effettuata sia durante il parto spontaneo sia durante il taglio cesareo . La raccolta non determina alcuna modifica alla normale assistenza al parto né comporta rischi o sofferenza per la madre e per il bambino in quanto viene eseguita dopo il taglio del cordone ombelicale e dopo l’allontanamento del neonato dal campo operatorio. Il personale che effettua il prelievo del sangue cordonale deve però essere ben addestrato secondo metodiche che rispondono a standard internazionali. Spesso sono le ostetriche che si occupano di questa fase e, per far ciò, devono aver seguito un apposito corso per effettuare il prelievo. L’addestramento e la qualità con cui si mette in atto la tecnica sono importanti perché la quantità di sangue che si

ECCO QUANDO È POSSIBILE DONARE IL CORDONE OMBELICALE

Per la donazione del cordone ombelicale devono essere rispettati alcuni parametri di sicurezza La raccolta e la conservazione del sangue placentare devono essere eseguiti in conformità con le normative vigenti e con gli standard stabiliti a livello nazionale e internazionale che regolamentano la donazione e la manipolazione del sangue placentare. È importante sottolineare come la raccolta sia assolutamente scevra di rischi sia per la mamma che per il neonato. Il prelievo del sangue del cordone ombelicale va effettuato nel rispetto delle seguenti condizioni che rappresentano i criteri di inclusione per la donazione stessa. Criteri di inclusione: Esclusi comportamenti a rischio noti per la diffusione di patologie infettive trasmissibili con il sangue, a carico della madre e/o del padre; Assenza di epatite B, epatite C, HIV e sifilide in entrambi i genitori; Assenza di malattie ereditarie genetiche, ematologiche e/o immunologiche della madre e/o de

CORDONE OMBELICALE, UNA PREZIOSA RISORSA DI CELLULE STAMINALI

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Le staminali raccolte nel sangue cordonale possono curare varie malattie. Ma ancora pochi i donatori Le cellule staminali sono cellule primitive non specializzate dotate della peculiare capacità di trasformarsi in differenti altri tipi di cellule del corpo. Il sangue del cordone ombelicale o sangue placentare è una fonte di cellule staminali e pertanto rappresenta una valida alternativa al prelievo di cellule da midollo osseo o al sangue venoso periferico dopo stimolazione con fattore di crescita per il trapianto proveniente da altre persone (allogenico). Il trapianto allogenico consiste in un infusione endovenosa di cellule staminali ematopoietiche (in grado di formare cioè cellule del sangue) da un donatore verso un paziente precedentemente sottoposto a un ciclo di radio/chemioterapia a scopo immunodepressivo/mieloablativo (terapia in grado di distruggere irreversibilmente le cellule midollari del ricevente, che diventa così “pronto” per accogliere le cellule dello s

L'influenza della chirurgia ovarica sulla fertilità

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Come trattare al meglio l’Endometriosi ed ottenere i migliori risultati dalla Fecondazione assistita Secondo le attuali linee guida il medico interviene chirurgicamente sulle cisti ovariche quando c'è presenza di forti dolori, infertilità o quando ci sono cisti endometriosiche di diametro superiore a 4 centimetri anche in assenza di sintomatologia rilevante. La cisti endometriosica o endometrioma è una delle patologie più frequenti in chirurgia ginecologica. Attualmente il miglior trattamento di fronte a questo problema è la loro asportazione per via laparoscopica. Tuttavia la presenza contemporanea di endometrioma ed infertilità rende le decisioni più difficili e personalizzate. Non si può, cioè, operare subito tutte le donne che mostrano una cisti endometriosica e desiderano un figlio che non arriva. Infatti, l'intervento può avere molti effetti collaterali, soprattutto quelli che riguardano i danni alla fertilità (riserva ovarica) incorporato nelle ovaie

Chirurgia dell'ovaio, come preservare la fertilità

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L'intervento può danneggiare i follicoli. Ma le nuove tecniche riducono al minimo i danni Il trattamento chirurgico migliore per curare le cisti ovariche è la rimozione laparoscopica . La terapia chirurgica può essere di tipo conservativo o demolitivo in base all’età della paziente e alla natura di queste cisti. Mentre la terapia demolitiva, che deve essere più aggressiva specialmente quando la malattia è tumorale, quella conservativa viene riservata a tutte le donne in età fertile e che non abbiano terminato il loro ciclo riproduttivo. Quest’ultima consiste nell’asportazione per via laparoscopica delle cisti ovariche (cistectomia) lasciando in sede l’ovaio residuo. Come si pratica? Il chirurgo inizia a mobilizzare dell’ovaio, poi esamina attentamente l’interno della cisti dopo averla aperta e osserva anche il tessuto ovarico in cui questa si trova. La cisti viene asportata dall’ovaio mediante la tecnica di “ stripping ”, che consiste in trazioni divergenti eseg

Le malattie dell'ovaio.La prevenzione e le cure possibili

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Le patologie che colpiscono l'organo possono essere affrontate con la chirurgia o con la pillola anticoncezionale L’ovaio può essere interessato da malattie sia benigne che maligne , le quali possono originare da complessi tissutali ben precisi. I tessuti ovarici che sono maggiormente colpiti da malattie sono: l' Epitelio che si chiama cubico per la forma delle sue cellule, detto anche epitelio di superficie dell’ovaio (formato da un singolo strato di cellule cuboidali che costituisce la parete dell'ovaio esterna o “corticale”), cioè la zona dove avviene l’ovulazione; e lo Stroma ovarico , la zona cosiddetta germinale perché contiene gli ovociti (la parte che produce gli ormoni ovarici, in particolare estrogeni e progesterone. La maggior parte delle lesioni benigne (cisti ovariche) sono di tipo endometriosico, seguite dalle cisti dermoidi e da quelle funzionali (per esempio un follicolo che non ha ovulato dopo essere cresciuto). Molto spesso le cisti

Trattare l'endometriosi con i farmaci

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Il problema può essere alleviato con farmaci che elimino il dolore, o con contraccettivi orali Attualmente un trattamento standard per la cura dell’ endometriosi è difficile da definire, sia per le incertezze sulle cause del dolore nelle pazienti affette da questo problema, sia per le differenti risposte alle terapie. Quelle attualmente disponibili sono utili per: attenuare e, talvolta, risolvere i sintomi; facilitare la fertilità; rimuovere le lesioni endometriosiche e ripristinare l’anatomia della pelvi. La scelta del tipo di trattamento si basa su diversi fattori: dimensioni delle lesioni endometriosiche, posizione ed estensione della malattia, tipo e severità dei sintomi, desiderio o meno di gravidanza ed età della paziente. A nostra disposizione abbiamo le terapie farmacologiche , destinate alla riduzione del sintomo, cioè del dolore. A seguire abbiamo la terapia medica ormonale , che punta a ridurre il livello degli ormoni estrogeni in modo

Endometriosi profonda, cosa sapere per affrontare la terapia

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Il trattamento più efficace è quello chirurgico. L'unica strada per una vera riduzione dei sintomi La terapia per l' endometriosi profonda è chirurgica e consiste nell'asportazione radicale dei focolai. Viene eseguita preferibilmente per via laparoscopica in centri specializzati nella diagnosi e nel trattamento di questa malattia. Gli studi scientifici dimostrano che esiste un forte legame tra la radicalità dell'asportazione chirurgica (cioè quanto tessuto malato il chirurgo è riuscito ad eliminare) e il miglioramento dei sintomi che la donna lamenta. Trattare l'endometriosi profonda in pratica vuol dire asportare in maniera radicale la malattia e ripristinare la normale anatomia pelvica: questa naturalmente è anche la scelta migliore per le pazienti in età fertile. La presenza di endometriosi sotto forma di noduli che coinvolgono i visceri pelvici (intestino, vescica ecc.) rendono la malattia poco trattabile con i farmaci . Questa situazione richiede un appro

COSA E' L'ENDOMETRIOSI PROFONDA?

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La diagnosi può giungere con grande ritardo e una terapia mirata e radicale può essere molto complessa Nell' Unione Europea le donne affette da endometriosi sono 14 milioni , di cui 3 milioni solo in Italia e 150 milioni nel mondo. La fascia di età più colpita è compresa tra i 29 e i 39 anni e ne è affetta in pratica una donna su dieci. Questa malattia oltre a incidere negativamente sulla qualità di vita delle donne, è causa di sterilità di coppia nel 30% dei casi. In base ad alcuni recenti studi, più del 70% delle adolescenti con dolore mestruale severo siano affette da endometriosi . Secondo l'indagine promossa dall'Associazione Italiana Endometriosi nel 2006, il Servizio Sanitario Nazionale spende 54 milioni di euro solo per l'aspetto chirurgico legato all'endometriosi, (e 30 milioni di euro a causa della sterilità associata), mentre in Italia si stimano in 4 miliardi di euro i costi sociali per ore non lavorate a causa dell'endometriosi: una vera e propr

Endometriosi, una soluzione con la laparoscopia

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Questa tecnica chirurgica consente anche di fare una diagnosi definitiva del problema L’ endometriosi costituisce senza alcun dubbio una delle malattie più diffuse. Si stima che nel mondo colpisca circa il 3-10% delle donne in età riproduttiva . Il dato è molto allarmante se si considera che spesso determina in persone giovani dolore pelvico cronico, infertilità e dispareunia (dolore in occasione dei rapporti sessuali). Nelle donne con endometriosi grave associata ad alterazione dell’anatomia pelvica, l’incidenza dell’infertilità è elevata perché la malattia compromette i meccanismi di captazione dell’ovocita dopo l’ovulazione e del suo trasporto nella tuba. Tuttavia possono risultare infertili anche donne con endometriosi minima o con anatomia pelvica normale. L'endometriosi viene quasi sempre curata con un intervento chirurgico detto laparoscopia . Frequentemente risulta indispensabile la terapia chirurgica (conservativa o demolitiva) allo scopo di sradicare la malattia e alle

LA LAPAROSCOPIA GINECOLOGICA: CENNI STORICI

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La laparoscopia è una moderna tecnica chirurgica utilizzata per il trattamento di diverse patologie ginecologiche. La chirurgia laparoscopica in ginecologia nasce in Europa nel 1940 ad opera di Roul Palmer ginecologo parigino il quale usò l’endoscopica (metodo di esplorazione dal punto di vista medico che permette di visualizzare l'interno del corpo o di un organo) nei casi di infertilità per esaminare le tube. La prima procedura chirurgica interamente effettuata per via laparoscopica fu la sterilizzazione tubarica. Ovviamente lo sviluppo della chirurgia mini invasiva operativa andò di pari passo con l’evoluzione tecnologica. Sicuramente l’introduzione dell’uso della telecamera applicata al laparoscopio ha permesso un rapido sviluppo di tale tecnica dal momento che consentiva all’operatore di avere entrambi le mani libere per operare e permetteva anche agli assistenti di seguire l’intervento sul monitor. Il laparoscopio è uno strumento, fornito di un sistema di illuminazione e